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Biblioteca delle Donne Soverato - Cineforum 2016

E ora parliamo di Kevin

A cura di Maria Procopio

 

TITOLO ORIGINALE:

We need to talk about Kevin”

USCITA CINEMA: 17/02/2012

LINGUA ORIGINALE: inglese

PAESE DI PRODUZIONE: USA, G.B.

GENERE: Drammatico, thriller

REGIA: Lynne Ramsay

Tratto da “Dobbiamo parlare di Kevin” di Lionel Shriver

SCENEGGIATURA:  Lynne Ramsay, Rory Kinnear

FOTOGRAFIA: Seamus McGarvey

MONTAGGIO: Joe Bini

Interpreti e personaggi:

·      Tilda Swinton: madre

·      John C. Reilly: padre

·      Ezra Miller:Kevin

·      Ashley Gerasimovich: Celia

·      Joseph Melendez: Waiter

·      Siobhan Fallon: Wanda

 MUSICHE: Jonny Greenwood

DISTRIBUZIONE: Boler Film

DURATA: 112 minuti

FORMATO: colore

TRAMA

Eva mette da parte ambizioni e carriera per dare alla luce Kevin. La relazione tra madre e figlio è però molto difficile sin dai primissimi anni. A quindici anni Kevin compie un gesto irrazionale ed imperdonabile agli occhi dell’intera società.

LA REGISTA

Lynne Ramsay

Lynne Ramsay ha vinto nel 1996 il Premio della Giuria a Cannes per il cortometraggio realizzato in occasione del suo diploma, dal titolo Small Deaths. Il suo secondo cortometraggio, Kill the Day, ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Clemont Ferre; il terzo, intitolato Gasman, si è aggiudicato un altro Premio della Giuria a Cannes, oltre a un BAFTA scozzese per il Miglior Cortometraggio.

Ratcatcher-Acchiappatopi (1999), il primo lungometraggio diretto da Ramsay, è stato molto acclamato e ha vinto diversi premi. È stato proiettato al Festival del Cinema di Cannes del 1999 ed ha aperto il Festival Internazionale del Cinema di Edimburgo, facendole vincere il premio Guardian New Director. Inoltre, Ramsay ha vinto il Carl Foreman Award per il Migliore Regista Esordiente ai BAFTA Awards del 2000, il Sutherle Trophy al London Film Festival e il Silver Hugo per la Migliore Regia, al Chicago International Film Festival.

Il secondo lungometraggio, dal titolo Morvern Callar (2002), ha fatto vincere a Samantha Morton il British Independent Film Award come Migliore Attrice, e a Kathleen McDermott il BAFTA scozzese come Migliore Attrice. Inoltre ha vinto il C.I.C.A.E. Award, nel 2002, e il Premio Award of The Youth, al Festival del Cinema di Cannes del 2002. Nel 2012 porta sul grande schermo l'adattamento tratto dal romanzo di Lionel Shriver ... E ora parliamo di Kevin, con Tilda Swinton e John C. Reilly.

RECENSIONE

Eva è una giovane donna che appare soddisfatta della sua vita, sia affettiva che lavorativa. Ha un uomo che ama, riamata, ed una professione che le piace e sulla quale investe per il proprio sviluppo professionale.

La gravidanza e la successiva nascita di un figlio, non solo sconvolgono la sua vita pratica, ma cambiano il senso della sua vita. Già durante la gravidanza vediamo Eva come presa in un vortice di angoscia che lascia intravedere una maternità in cui è presente un grande confliKevintto interiore.

Il rapporto madre-figlio che si sviluppa non è quello rappresentato da tutta l’iconografia sulla maternità. È invece, una relazione terribilmente difficile sin dall’inizio, con un bambino urlante e una madre che sembra incapace di attivare la funzione di contenimento emotivo. Si origina un rapporto in cui la conflittualità, e la sfida da parte del figlio verso la madre, si declinano in tutte le forme e sfumature che il film ci rappresenta, sino ad arrivare alla tragedia finale, che è la strage compiuta dal ragazzo, ormai adolescente, della propira famiglia (padre e sorella) e dei suoi compagni di scuola.

Una strage progettata con freddezza e premeditazione, quasi esibita alla madre con l’obiettivo di annientarla e farla precipitare nell’abisso dei sensi di colpa.

È un film forte, anche duro, che ci offre una visione della relazione madre-figlio certamente lontana dagli stereotipi della pubblicità. È un film che indaga sul lato oscuro della maternità.

Certo, non solo su questo, poiché altre domande ed interrogativi si possono porre: da dove genera tutta la violenza del figlio? Trova le sue radici solo nella relazione con la madre? Qual è il ruolo del padre? Quale fenomeno complesso scatena le stragi, che spesso vengono compiute da giovani, soprattutto in America?

Ma, in questa breve recensione, il mio interesse è guardare alla figura materna. La maternità è un’esperienza complessa e può generare sentimenti contraddittori. Una donna può trovare difficile conciliare l’immagine di madre ideale (spirito di sacrificio, amore senza limiti, abnegazione, rinuncia a sé o parti di sé) che tutti si aspettano da lei, con i desideri e le passioni che si esprimono nella affermazione della propria individualità e soggettività di donna.

Si può creare un dilemma che oscilla tra desiderio femminile e valori dominanti sulla maternità. La regista, attraverso la figura della protagonista, mette in scena, anche se in modo radicale, questo conflitto; Conflitto che, in misura e forme diverse, probabilmente caratterizza l’esperienza della maternità.

La come il desiderio di essere madre può essere conciliato col desiderio di libertà e di affermazione di sé?

Nel lungo percorso compiuto dalle donne verso la conquista della propria soggettività c’è il riconoscimento della potenza generatrice delle donne. Una potenza che è quella di generare figli, ma anche di pensiero simbolico, su di sé e sul mondo, capace di produrre cambiamenti di significato, azioni e trasformazioni della realtà, di cui è essa stessa protagonista.

È questa capacità di generare che può permettere il superamento del dualismo e consentire di tenere insieme e mettere in relazione, nonostante le ambivalenze, l’universo dei desideri femminili, riconoscendoli non in antitesi tra loro, ma come espressione della stessa capacità di creare, di “mettere al mondo il mondo” che la donna possiede.

 

 
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